In genere non mi piace scrivere necrologi ma nel caso di Robin Williams dovevo da tempo fare un ringraziamento personale e ormai purtroppo tardivo al suo meraviglioso Mork.
Mork mi ha fatto divertire, ridere, pensare; ha fatto anche un’altra cosa per me ma l’ho capito solo anni dopo: Mork mi ha insegnato che cos’è il surrealismo. Meglio ancora: mi ha insegnato a essere surrealista. Prima ancora di conoscere i nomi di Breton, Dalì, Magritte, Prévert o Ernst, avevo imparato che cosa significasse guardare il mondo da surrealisti senza nemmeno sapere che esistesse un movimento surrealista. E tutto grazie a Mork.
Il soffitto di un uomo è il pavimento di un altro uomo.
Il personaggio di Mork è surreale già di per sé: beve con il dito; dorme appeso a testa in giù o con la testa infilata nel divano; invecchia al contrario, diventando bambino; arriva sulla Terra dal suo pianeta natale dentro a un uovo e da un uovo è nato, deposto da un padre che è un contagocce e che ha lasciato sua madre, una provetta, per due flaconi; tratta gli oggetti come esseri viventi, parlandoci; in alcuni casi questi gli rispondono pure.
Nei suoi tentativi di comprendere la società umana, Mork ne smonta e rimonta la struttura, disintegrandone e ricomponendone convenzioni, regole e linguaggio secondo la sua interpretazione aliena; potrebbe sembrare il punto di vista di un bambino che ignora la complessità, ma in realtà Mork inquadra il nostro mondo attraverso la conoscenza di un extraterrestre che ha studiato moltissime altre civiltà; quindi semmai a essere bizzarro non è lui ma l’essere umano al confronto dell’intero universo.
Una banca può prestare denaro per comprare un battello o una grande macchina, non per comprare cibo, perché è difficile rientrarne in possesso.
Le continue battute rendono talvolta difficile capire se Mork stia scherzando oppure se stia esprimendo seriamente un’opinione; probabilmente tutt’e due le cose allo stesso tempo. Sono aforismi graffianti o nonsense, che nascono dal confronto delle mentalità terrestre e orkiana attraverso il filtro dell’osservatore esterno. Come il signor Spock, anche Mork fatica spesso a comprendere gli esseri umani; ma mentre il vulcaniano di Star Trek considera gli umani illogici, quasi “difettosi”, l’alieno venuto da Ork non esprime giudizi positivi o negativi, pur trovandosi a volte di fronte a situazioni che lui trova astruse e inutilmente complicate; da vero cosmopolita si limita a osservare e a tentare di razionalizzare, uscendo poi con spiegazioni dalla logica ferrea per lui ma spiazzante per noi poveri terrestri, giungendo per altre vie a quell’automatismo psichico puro tanto caro ai Surrealisti.
Se il suo gesto di saluto appare a noi spettatori come una caricatura del suo serissimo corrispondente vulcaniano, gli appellativi onorifici ed estremamente rispettosi con cui Mork si rivolge al suo superiore Orson (“Vostra Immensità”, tanto per ricordarne uno) sono una iperbole dei titoli umani, un po’ come i megadirettori di Fantozzi, altro personaggio ascrivibile al surrealismo.
– Ci siamo visti troppo, ultimamente.
– Chiudi un occhio, così mi vedrai di meno.
Prima ancora dell’insegnante Keating in L’attimo fuggente, che ricordava ai suoi studenti che bisogna sempre guardare le cose da angolazioni diverse (“è proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva, anche se può sembrarvi sciocco o assurdo”), e di tanti altri ruoli fuori dagli schemi, con una loro propria logica e folli solo in apparenza, Robin Williams è stato per me il professor Mork, docente di surrealismo.