Anno: 2024

  • Cronache marziane: la colonizzazione secondo Ray Bradbury

    Cronache marziane: la colonizzazione secondo Ray Bradbury

    Settant’anni fa veniva pubblicato per la prima volta in Italia Cronache marziane di Ray Bradbury, una raccolta di racconti riuniti in un romanzo che illustrava una ipotetica colonizzazione di Marte e il suo successivo repentino abbandono da parte dei terrestri,

    Cronache marziane viene generalmente indicato come opera di fantascienza, ma la classificazione gli va stretta e risulta almeno in parte errata, Se infatti la fantascienza è riflessione sul futuro come conseguenza possibile del presente, questo testo non può rientrare nella definizione. Cronache marziane è una metafora della storia degli Stati Uniti d’America, precisamente della loro colonizzazione da parte degli europei e dello sterminio dei nativi.

    Bradbury poi ignora volutamente il lato tecnologico e scientifico tipico del genere, tralascia verosimiglianza e credibilità per concentrarsi sulla poesia del racconto, in una scrittura lirica, elegante e ricercata. Le astronavi degli invasori non vengono minimamente descritte, mentre le delicate città marziane sono fragili architetture dell’irrazionale che costituiscono una gigantesca ed effimera cristalleria.

    I marziani non hanno forma definita, anzi la perdono confondendosi nella mente dei terrestri con le loro capacità telepatiche fino a incarnare il sogno di ritrovare amici e parenti perduti. L’alieno incarna non un insondabile se stesso ma una speranza perduta, la nostalgia di un passato perduto, come accadrà qualche anno più tardi in un altro grande classico letterario fuori dagli schemi, Solaris di Stanislaw Lem.

    L’avanzatissima, ma non tecnologica, civiltà marziana viene spazzata via, prima ancora che dalla distruzione fisica dei nuovi venuti, dai germi che questi portano con sé, come accaduto del resto a molte popolazioni dell’antica America. Al confronto della raffinata e poetica civiltà marziana, quella terrestre si rivela rozza e barbara, priva di grazia o rispetto. Non è il progresso quindi che migliora una civiltà ma lo scopo che essa persegue.

    L’unica apertura verso il canone fantascientifico è l’autodistruzione dei terrestri in una guerra nucleare che devasta il loro pianeta natio; ma anche questa viene descritta in modo tutt’altro che scientifico (“la Terra sembrò incendiarsi”).

    La conclusione è speranzosa ma pessimista al tempo stesso: dopo che i terrestri hanno abbandonato nel disinteresse il nuovo mondo, i “veri” marziani sono gli ultimi coloni fuggiti alla devastazione atomica della Terra, al tempo stesso un modo per immaginarsi diversi e più in sintonia con la natura di un pianeta alieno ma anche per sancire la scomparsa definitiva del popolo che lo abitava di diritto.

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