Ergot Project: l’onda oscura dei Beatles

Ergot Project Beat-Less

Stanley Kubrick diceva che per fare un film non era necessario scrivere una nuova storia, bastava pescare nella letteratura; cosa che regolarmente il regista faceva, utilizzando romanzi e racconti come solida base per proiettare sullo schermo non l’idea originale dello scrittore bensì la sua.

In questa chiave va letto Beat-Less, album di esordio del collettivo artistico Ergot Project. Racchiuso in una ricercata grafica steampunk c’è un esperimento che utilizza la musica dei Beatles per raccontare una visione musicale, esperimento apparentemente affidato all’anarchia ma in realtà attentamente diretto e orchestrato, dove nulla è affidato al caso.

Sono pezzi che a volte stravolgono l’impianto originale, invertendo o sopprimendo strofe e ritornelli, cambiando melodie, eliminando riff e giri caratterizzanti. La musica esce filtrata attraverso il setaccio dell’industrial e del trip hop più cupo, da cui emergono improvvise e inaspettate citazioni.

Così Tomorrow Never Knows pare uscire da Mezzanine dei Massive Attack, Revolution rallenta in una lullaby dei Cure, una dilatata Helter Skelter allunga i Nine Inch Nails sul ritmatissimo monologo del criminale Charles Manson, che proprio da questo brano faceva discendere i suoi appelli al caos e alla distruzione. Nella versione degli Ergot Project i quattro ragazzi di Liverpool passano da cantori della felicità a motore dell’inquietudine, di speranze disilluse e di nuove luci.


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