Paterson è un tranquillo autista di autobus in una tranquilla cittadina del New Jersey che porta il suo stesso nome. Tutti i giorni, tranne la domenica, Paterson fa colazione, guida il suo bus lungo il suo regolare percorso, porta a spasso il cane, beve una birra al pub vicino a casa. Pensa e scrive poesie ispirate alle situazioni che trova, alle persone che incontra, agli oggetti che gli capitano davanti. Ogni giorno la moglie trasforma la casa in un estroso ma ordinato bianco e nero, dipingendo tende, scegliendo arredi, persino cucinando dolci.
Insomma la vita di Paterson non ha alcunché che non va: è perfettamente normale; la sua struttura è tranquillamente circolare, richiamata costantemente persino dalla forma degli oggetti che il protagonista si trova davanti (una tazza, un bicchiere di birra); se qualcosa interviene a spezzare il ripetersi degli eventi, qualcos’altro lo fa ricominciare. Ma non si tratta di una maledizione a ripetere sempre lo stesso giorno: Paterson cresce, conosce, impara; la circolarità è in realtà un progredire minimalista, fatto di piccoli particolari che portano il protagonista a essere quello che è ogni giorno, così come la storia della città di Paterson è costellata di piccoli eventi assolutamente non traumatici ma importanti che l’hanno resa unica, come il soggiorno di Colt, la nascita di Lou Costello, la partenza dell’anarchico Bresci.
La ripetizione continua si riflette anche sugli abitanti, persino sui gemelli che l’autista incontra ogni giorno; in qualche modo anche lui è un doppio: si chiama come la città dove vive. ha una specie di gemello, sotto forma di turista giapponese, che incontra un giorno per caso e che gli fa comprendere l’importanza della vita; inoltre, curiosamente, l’attore che lo interpreta si chiama come la sua professione (Driver).
Con Paterson Jim Jarmush ha confezionato un elogio della normalità, della vita in cui niente di prodigioso accade ma solo uno fluire di tanti piccoli eventi; come scirve lo stesso regista, il film è “un antidoto ai film cupi, d’azione o eccessivamente drammatici”. Jarmush ci invita a far caso ai piccoli particolari, come le diverse ore a cui si sveglia il protagonista, segnalandoli ripetutamente alla nostra attenzione come se dovessimo dar loro un significato nella trama, mentre sono proprio questi particolari a dare un significato al film come alla nostra esistenza.