Dark Water, l’acqua della solitudine

Dark Water

Dark Water è una ghost story decisamente tradizionale, spesso prevedibile nelle forme tipiche del genere; ma della ghost story ha appunto solo la forma: Hideo Nakata utilizza una confezione horror per raccontare un dramma della solitudine sociale.

Yoshimi Matsubara è una donna sola, che combatte per costruire una vita per sé e per sua figlia. La prima immagine che abbiamo di lei è quasi kieslowskiana: un volto illuminato di blu, attraverso un vetro rigato dalla pioggia. Yoshimi si sta separando dal marito e comincia la battaglia legale per l’affidamento della piccola Ikuko. Cerca disperatamente una casa, adattandosi in un vecchio condominio, umido e malandato; cerca anche lavoro e a volte è costretta ad abbandonare in fretta i colloqui per andare a prendere la figlia all’uscita dell’asilo. Intorno a lei, tranne sporadiche eccezioni, nessuna figura amica; la vita di Yoshimi appare un continuo confronto con una società indifferente che non aiuta, anzi, respinge e ostracizza chi si trova in difficoltà.

Dark Water

Ci sono i funzionari del tribunale, incarnazioni dell’impersonalità kafkiana della legge e della burocrazia; c’è il marito, glaciale e spietato; ci sono un agente immobiliare e un portinaio che pensano solo al loro profitto; c’è un preside che umilia i suoi piccoli scolari. Ci sono le divise dei bambini, tutte uguali. E anche Ikuko viene rifiutata ed estromessa dai giochi dalle compagne per chissà quale colpa.

Certo, come da costume nazionale, tutti sono gentili e ossequiosi; ma i dialoghi, come i rapporti umani, sono ridotti all’essenziale, in una sceneggiatura che opera per sottrazioni; i continui inchini e formali gentilezze contrastano con quelli che sono i comportamenti effettivi, che si riflettono sui lucidi pavimenti e negli uffici vuoti dei tribunali, nelle strade deserte o in un palazzo di grigio cemento che sembra disabitato.

Dark Water

Anche gli spazi sono enormi e privi di umanità; i pochi oggetti personali sono anonimi prodotti in serie. I labirintici corridoi e le perfette simmetrie che furono la metafora della follia di Jack Torrance sono qui simbolo dell’isolamento sociale, dell’impossibilità di trovare sostegno e solidarietà pur in un paese sovraffollato.

Dark Water

Vittima dell’indifferenza è anche la misteriosa bambina dell’appartamento di sopra, bambina che piange tutta la sua disperazione attraverso i muri. E’ per lei, oltre che per la figlia, che Yoshimi compirà il suo ultimo gesto di amore, finale ed eterno, liquefatto nel tempo fermo delle maledizioni.

Dark Water

Nel cinema dell’orrore l’acqua è spesso luogo custode della paura, al pari del buio. L’acqua nasconde il mostro della laguna nera e lo squalo, l’assassino del promontorio Robert Mitchum e il colonnello alla fine del fiume Marlon Brando; gli abissi sono la casa di Godzilla o di un sommergibile nucleare pieno di cadaveri. In Inferno Dario Argento affida alla pioggia, come a un fiume dell’Averno, gli ultimi viaggi delle sue vittime o le annega in labirintici scantinati allagati. Hitchcock in Psycho ci inganna facendoci credere che la doccia sia un rifugio quasi amniotico e poi rivelandoci che l’acqua nasconde una fine orribile per la vittima e la salvezza per l’assassino.

Dark Water

Dark Water vive all’inizio di una inquietante claustrofobia della macchia di umidità, che poi si trasforma in un esasperante sgocciolìo e culmina infine nell’allagamento, nel dilagare inarrestabile del terrore. L’acqua scura del titolo sgorga ovunque: piove sul marciapiede, si infiltra nell’ascensore, gocciola dal soffitto, da una vecchia cisterna sul tetto; scolora e cancella la foto di un manifesto e impregna e stacca la tappezzeria di un appartamento vuoto; irrompe da un rubinetto che non si riesce a chiudere; trabocca da un catino pieno posto sul pavimento a raccorglierla e tracima incontenibile da una ribollente vasca da bagno.

Dark Water

L’acqua di Koji Suzuki e Hideo Nakata è il ricordo del passato che permea il grigiore del quotidiano; è al tempo stesso un segnale di morte e il bisogno di comunicare un disperato desiderio d’amore. E’ indizio, presenza, mezzo e messaggio. E’ orribile come la cascata di sangue di Shining e curiosa come il tentacolo trasparente di The Abyss. E’ acqua triste, giocosa, capricciosa, cattiva, che ha vissuto la crudeltà e vuole tutto tranne essere abbandonata nell’indifferenza. L’acqua di Dark Water è un’acqua umana.


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